HO IMPARATO A NON SMETTERE DI VOLARE

Ineludibile
Gioia
Nel marcio
A stupirmi
Ancora
Bambino
Brancolando
Nella babele
Di anime:
Dalla feritoia
Squarci
Di sublime
– qui ora mai più –
La luce brucia
La retina:

Non v’è fine
Alla bellezza

Non v’è fine
Nella bellezza

Non v’è fine:

È bellezza.

Nel de-sostanziarmi
Mi ci immolo.

A queste parole
Di sabbia

Lascio l’eredità:

– tempospazio plasma
(acqua scorre) – Atomi.

Non v’è ruggine
Nel cuore che ama.

Solo ali.

BOOM (…e-basta!)

Uno spiraglio
(occhi/stringono!)

Lo spiraglio
(mani/vedono!)

Il mare
(sentiti/accogliti!)

Onde molecole
(innalzati/distruggi!)

Urge poesia
(esserlo-qui!)

Canta l’oltre
(esserlo-ora!)

Penetra il velo
(emergi-alla-luna!)

Sole simbiosi
(muori/immortale!)

Fuoco di senso
(orgie/ispirazioni!)

Esplodi in scintille
(feconda/domani!)

Lasciami andare
(sparami-in-oltre!)

Odora di sempre
(destrutturami/liberami!)

Sei raggi di-versi
(io-mani/occhi!)

L’amore è addii
(vietato-scemare!)

Esplodi e ritorna
(sii-onde-di-sole!)

Fibra di poesia
(corpo/spiraglio!)

Più oltre non posso
(distruggimi-ancora!)

Carne elettrica
(scintilla-consapevole!)

Sublime straziate
(ti-stringo-con-gli-occhi!)

Irradia ricordi
(rinasci-mi!)

Vedersi con mani
(esplodiamo/oltre!)

Squarciamo la tela
(siamo-sempre-siamo-mai!)

SIGNORA DIPENDENZA, SIGNORINA DEMAGOGIA

Aggrappato
Alla luna infingarda

Con quel sentire
Rovesciato addosso

Essere satellite
In assenza di satelliti:

Un sentire intenso di brina
Che brucia il cuore

Amore fosforo bianco

Aggrappato all’altalena
Senza perni.

Temo d’aver disimparato a volare.

(Ma poi odoro il mio sapore di bambino)

E brucio rinascendo in estasi;

Nuvole:

Poesia.




MSS. ADDICTION, MS. DEMAGOGY

Clung
To the foolish moon

With that feeling
Turned upside down

To be satellite
In the absence of satellites:

An intense feeling of frost
That burns the Heart

White phosphorus Love

I’m clinging to the swing
Without pivots

And I fear I have unlearned to fly;

(But then I smell my baby flavor)

And I burn reborn in ecstasy;

Clouds:

Poetry.

WZ

iN-sENSO n°1

Avevo perso la mia unghia preferita in fondo al mare, era un giorno di primavera e nevicavano meteoriti. Il fuoco si riattizzava toccando la rugiada e il respiro si faceva sinfonia: la luce ritmica ruggiva un nuovo spartito, ma furono i colori a dare vita a questo esilio. Non si contano i primi respiri dei computer, non c’è evenienza né accettazione. Il cuore pulsante giaceva lì con la mia amata unghia, mentre il fuoco di neve imponeva nuovi colori sconosciuti. Così ricordo da questo oblò lo scorgere il tuo ultimo ciuffo di capelli disperdersi nel deserto. Ma il silenzio cozza con il ricordo, l’odore è denaro e non c’è giustizia, c’è solo l’addio a dare sostanza a questa tavolozza impossibile. Come un fulmine la saliva risaliva, elettrizzando gli ultimi brandelli di stracci di sentimento. Un patchwork riuscito male, il solo pensiero al quale aggrapparsi, con la consapevolezza di avere male interpretato la nuova prospettiva. Persi un’unghia e il ciuffo in quello spazio-tempo, inghiottiti dal rumore desertico del fuoco. Ma ridevo fino a smaterializzarmi al pensiero che la gravità era innocua in fronte al dispotismo dei nuovi colori impossibili. Mi rincuorava il pensiero che altri pianeti roteavano tra il soffitto della mia stanza in fondo al mare. E, raggiunta la cima, sono la gravità miope che si è liberata del pensiero. La pena e la compassione non si vendono al mercato, non hanno prezzo. Il vero affare è l’idiozia. Questo sento mentre attraverso il nuovo incubo a colori. D’un tratto la civetta mi sussurra all’orecchio, con voce antica, che solo chi sa ascoltare la luce può odorare l’origine. Io ho solo imparato a mangiare aria e vomitare tempeste. Ma la mia unghia preferita ha deciso di morire. Sorrido, piangendo, con denti vermigli e orecchie di pioggia. Non chiudere l’anima, mi dico, apri il tuo corpo. La saracinesca è purgatorio e finiscila di pestarmi stupida grazia! Lascia che il grasso degli angeli coli dal basso, che le fiaccole di ghiaccio lacerino le nuove tavolozze nell’esplosione verde asfissiante. Comparse gravitazionali sporche di vernice ossidata. La ruggine pettina i capelli della civetta neofita. Si dirà che non erano queste le ore “ics”. Ma giuro di aver visto la mia unghia soffocarsi d’overdose di nero. Su il sipario: è ora di morire: stappate i vulcani, allargate gli orifizi. La gravità ha soffocato il tempo. Il vento si è scordato l’immagine del mondo. Dio è giallo fosforescente, come la cravatta di un idiota. L’appeso fluttua in assenza del peso, saranno i nuovi padroni a ricondurlo alla forca: MAI FIDARSI DEI COLORI.

C’è quel sentirsi altro, come quando la mattina ti svegli e hai quella voglia incommensurabile di cantare. Cantare sopra tutto, sopra tutti. Per zittire quelle sciabole che roteano furibonde e invisibili, sguainate da canali intangibili, che non feriscono fisicamente, ma lacerano l’anima. Quel canto istintivo, viscerale, che sorge per crepare lo specchio farlocco, che ci imprigiona. Quello specchio che come streghe di Biancaneve ci porta tutti i giorni a chiederci chi è la più bella del reame. La più bella del reame? Io rido chiedendomi quale ipoteticamente potrebbe essere questo reame tanto agoniato quando idioti ci ingobbiamo verso uno schermo che più che reame (universo) sembra piuttosto una gabbia per uccellini che hanno dimenticato come volare..La più bella di questo reame di cartapesta è il sinonimo della cimice che vuole puzzare più delle altre per lasciare una parvenza di ricordo di sé. Il reame è qualcosa che mi frustra, come un tarlo, perché mi fa capire che non capiamo un cazzo in realtà: viviamo il mondo di immagini senza percepire minimamente il flusso della galassia che ci sputa in faccia l’infinito! Il vostro, il nostro reame è uno stagno dove le orchidee sono le prospettive e il cantare di rospi il successo. Questo stagno mi spaventa perché scava dentro il nostro essere e ci fa sentire come sempre in bisogno di cantare più forte, per mostrare la nostra miseria incommensurabile di rane. Pronte al suicidio pur di accaparrarsi l’ultima mosca. Ma che sapore ha? Ma chi si chiede che sapore ha il sapore? Sembrerebbe che lo sbattere incosciente contro queste sbarre risuoni più mite se tutti quanti sentissero questo stesso risuonare. Il prigioniero che urla più forte è colui che ha ragione. E se ripete infinite volte la sua menzogna c’è caso che questa diventi verità. La verità! Ah concetto inflazionato e quanto mai stuprato nella sua essenza. L’unica verità della verità è che tu vorresti fuggirle a milioni di chilometri di distanza pur di non vederla. Perché se solo potessi sfiorarla questa ti polverizzerebbe. Come d’altronde succederà anche per il nostro orto, la Terra, che solo per astruse incognite che si sono assurdamente coniugate non implode!

NUVOLE

Non è tempo
Di lune Secche
Le tempie
Empie
La mandria
Impazzita
E il gelo
Dentro.
L’allontanamento:
Vedersi ologrammi
Algoritmi
Di carne
Mercificazione
Del sentimento
Soffocamento
Del ritmo Lento.

Proteste
Protese
Al nulla

Tempeste
Testuggini
Troie

Calderoni
Di atomi

Asciutti:

Bagnamoci.

Per risentirci puri.

Neonati.

Sempiterni neofiti.

BOH BOH BOH

Immensa negazione.
Il vento e la neve:
Tutto copre tutto
Ma la bellezza rinasce

Ed è così distaccata,

Eterea.

La bellezza non piace,
Non deve piacere.

Non c’è tempo
Di miseria

Il cuore è più in là.

Non c’è contingenza
Solo prospettiva

E il fondo non lo vedi,

Anneghi!

Il respiro incessante
La montagna inghiotte

La vita dimentica.

VOLARE

Quando le budella
Dell’universo
Ti si ritorcono contro

Non esitare

È come quel filo di brezza
Mattutina
Che accompagna

Un volo senza ritorno.

Quel click
Impronosticabile
Che impone l’esser Formica

In fronte al gigante.

Non siamo capaci di emozioni.
È autocommiserazione.

Finché troppo tardi
Il sentimento si riaccende

E rinfaccia la codardia.

Troppe parole hanno condito
Il disfacimento del mio mondo

E non voglio appartenervi.

Scrivo, perché di parole
È fatta la mia essenza.

Ripudio il ciarlare
E le carezze mefistofeliche.

Non esiste più tempo,
È sfibrato.

Esisto, senza te,
Esisto e resisto

Senza te.

Ma che il cielo si metta ai miei piedi!

E non voglio sentire
Alcun Dio

A lenire la mia sofferenza!

La comprensione
È l’unica via:

L’incomprensione l’unica legge.

Ma vivo in te, perché sei me
E sono morto e sono resuscitato

E vivo, perché so che vivi in me.

Io non sto sulla riva del fiume,
Mi accontento dello specchio.

E non taccio,
Perché ho Poesia

Che mi scava dentro.

E non muoio
Perché Poesia è Vita.

E non voglio più assecondare
Perché Poesia è Giudizio

E non giudico
Perché Poesia è Respiro,

L’ultimo e il definitivo.

Il Nostro infinito.

CIGARETTES AFTER SEX

Donare vita alla vita

Uno squarcio
Una crepa
Uno spiraglio:

L’intercapedine
Dell’esserci

Per se stessi
Negli altri.

Si muore soli,
Ma basta un abbraccio

Per filtrare il cosmo
E tornare scintilla.

Rinnovare luce
A crepare l’oblio

Distorcere il buco nero:
Lo spiraglio del respiro.

Lo squarcio dell’amore.

Eros e Thanatos.