Poesia contemporanea

HO IMPARATO A NON SMETTERE DI VOLARE

Ineludibile
Gioia
Nel marcio
A stupirmi
Ancora
Bambino
Brancolando
Nella babele
Di anime:
Dalla feritoia
Squarci
Di sublime
– qui ora mai più –
La luce brucia
La retina:

Non v’è fine
Alla bellezza

Non v’è fine
Nella bellezza

Non v’è fine:

È bellezza.

Nel de-sostanziarmi
Mi ci immolo.

A queste parole
Di sabbia

Lascio l’eredità:

– tempospazio plasma
(acqua scorre) – Atomi.

Non v’è ruggine
Nel cuore che ama.

Solo ali.

SIGNORA DIPENDENZA, SIGNORINA DEMAGOGIA

Aggrappato
Alla luna infingarda

Con quel sentire
Rovesciato addosso

Essere satellite
In assenza di satelliti:

Un sentire intenso di brina
Che brucia il cuore

Amore fosforo bianco

Aggrappato all’altalena
Senza perni.

Temo d’aver disimparato a volare.

(Ma poi odoro il mio sapore di bambino)

E brucio rinascendo in estasi;

Nuvole:

Poesia.




MSS. ADDICTION, MS. DEMAGOGY

Clung
To the foolish moon

With that feeling
Turned upside down

To be satellite
In the absence of satellites:

An intense feeling of frost
That burns the Heart

White phosphorus Love

I’m clinging to the swing
Without pivots

And I fear I have unlearned to fly;

(But then I smell my baby flavor)

And I burn reborn in ecstasy;

Clouds:

Poetry.

WZ

Positività

Celebra la morte
Del Poeta
Lascia appassire
I suoi
Versi innocui

– assetati di sangue –

Quel sangue
Che irrora
Le vene, i seni
Curve pericolose
Sguardi languidi

Lo scintillio della plastica.

Muori poeta
Lascia marcire
I tuoi versi:

Il poeta morto
Ricorda.

L’Italia vinse due Mondiali
Prima d’essere maciullata

Colonizzata

E dimenticata.

Riaffiorarono i versi
Sulle lastre di marmo.

Quando l’Italia chiamò
E le medaglie smarrirono

Il proprio valore immenso.

E i poeti zombie
Tornano nelle cripte.

WE-LA

Che ridere
Vedermi
In camicia

Il bambino
Che si prende
Gioco di me

Sono io

Che ridere
Spacciare
Credibilità

Con l’abito
Del monaco

Eretico.

Che ridere
Vedersi
Schiacciare

Dalle logiche

Distorte
Di questo mondo

Che vive
Bramando

Un bene inessenziale

Carta straccia

Che rende gli uomini
Puttane
E le donne

Uomini.

Che ridere
Vedermi elemosinare
Umanità

Da padroni
Che hanno costruito

Questa impalcatura

Per dare un senso
Alla propria dipartita.

Che ridere vedere
Il valore di una coccinella

O di uno scarafaggio

Sovrastare masturbazioni
Milionarie

Sovrastare il sorriso
Falso

Del buon compagno
Che prova a piazzarti

La nonna.

Che ridere
Vedere

Le stesse dinamiche

Ripetute
All’infinito

Massacri compiuti
Epurazioni strategiche

L’acqua come aria
Distillata

Cadenzata

Distribuita

A seconda
Della dignità arbitraria

Decisa da logiche
Lontane dal vero

Vere nell’approssimazione.

Rido, sorrido, annego

Non mi faccio tangere

E mi assuefo d’illusione,

Sarà la ghigliottina

A donarci credibilità.

Buon per voi

Che non lo sapete,
Ma brucerete meglio

Con tutta quella carta!

PARENTESI

Ascolta
La solidarietà
Imperterrita
Della formica
Il rumore
Del ragno
Che tesse la tela
La rondine
Che fa breccia
Nel suo nido
L’implodere
Dei sentimenti
Che si squagliano
La calma del tempo
Che giudica
Imparziale
Il frastuono
Della neve
Che ammanta
Il sibilo
Dell’eruzione
Spermatica
O
Vulcanica
Che inietta
Nuova
Vecchia
Linfa
In quest’albero
Decrepito
E bellissimo.

Ulivi!

Ascoltate
La fotosintesi
Che mangia dentro
Ascoltatela
Rinfacciarci
Le menzogne
E le carognate
Le benedizioni
E le carezze

Non ci sono sconti.

Ascoltate
Questa terra
Assetatati
Come la nostra
Anima.

I bambini non dimentichi
Svelano l’unico senso,

Il non-senso

Gioioso

Ineluttabile.

Oceano:

“Quanto è grande il verde?
Com’è bello il mare?
Quanto dura una stanza?

È troppo tempo che guardo
Il sole, mi ha fatto male”.

BLU, RIFLESSI

È commovente
Specchiarci:
Animali in gabbia
Che agghindano
Le proprie sbarre
E si dannano
Per apparire
Splendidi
Nella propria

Esclusiva

Ineluttabile

Prigionia.

È così straziante
Vederci elemosinare

Carezze

Abbracci

(Prima del vuoto)

Quei sorrisi di foglia
Appassire d’autunno.

SBINARIATO

Quella briciola
Nel ghiaccio
Il chicco di riso
La virgola
Quella voglia
Che trova
Una quiete
Qui
Dove il crepuscolo
È già alba
Il silenzio assenzio
L’alcool giudice
Di destini improbabili
E sublimi.
Dove la cicatrice
È terra
Il germoglio
Inerzia
Le piante
Sangue
E tutto di nuovo
Scorre.
Mentre l’increspatura
Mai doma
Deforma la bellezza
In nuova bellezza
E gli occhi statici
Sono incapaci
Di tanta comprensione.
E di nuovo la metamorfosi
Si scaglia sulle mummie
Le ricopre di sabbia
Finché la clessidra
Non le scopre…

E nuove mummie
Accusano gli dèi
Di un tradimento
Neanche lontanamente
Concepito:

Il poeta imberbe
Ha la voce dell’infinito

Il poeta stanco
Quello della vita.

Dei vermi

Dell’atomo che si ripresenta

Si rispecchia

Troppo vero
Troppo eterno

Troppo uguale!

ERNESTINA

Sai, è strano Nonna
Quando nel tuo sguardo
Vedo il mio
Vedo la vita
Che scorre
Che si scontra

Che si ammacca.

Vivo la storia
Nelle stesse rughe
Che scavano
Il nostro essere
Semplicemente
Umani

Appena toccati
Da questo flusso
Che esplode
In miliardi di stelle
E mi ricorda
Il tuo sorriso.

È un messaggio
Che non ha destinatario

È il ricordo che porto
Con le mie sembianze,
Senza che lo decidessi,
Ma che mi rende consapevole!

È bello Nonna
Sentirti dentro
Perché nella porzione
Di tempo a me concesso

So che vivrai in eterno.

In quell’eterno di un dio sbagliato
Così diverso da quello
Che i preti (che a te non piacevano)
Vanno predicando.

Un dio che non ha nome
Né immagine.

Ma che respira ad ogni mio,
Ad ogni nostro

Respiro.

Va di moda cancellarsi i ricordi,
Per risplendere nell’euforia
Dell’hic et nunc.
Ma io ti ricordo,

Mi sento vivo
E so che il ricordo autentico

Ricorda

E non ha bisogno
Di essere ricordato.

LA CONDANNA DEL REDENTO

Quando ti costringeranno
Nelle maglie
Del successo
Ricorda quanto
Eri inviso al mondo
Nell’atto del nascere
Ricorda le urla
Strazianti
Per l’atroce risveglio
Ricorda che l’uomo
È capace di apprezzare
Solo quando la morte

Getta il suo velo.

Sei invidioso,
Ti diranno,
Ma tu rifuggi
Dagli scintillii
E torna ad ascoltare
Quelle grida primigenie

È lì che sta il disvelamento
Dell’arcano:

Nell’urlo del rifiuto
Della luce

Perché quando la percepisci
Soffochi nella sua estasi

E sei cosciente
Di non poterla significare.

Chi lo fa è già morto
E brama l’esaltazione

Dei prossimi zombie.

Ma tu sei poesia,
Indifferente tra indifferenti,

Come l’aria.

COME TI CHIAMI?

Schiavi

Di un moralismo
Preconfezionato.

Questo il paradosso!

Là fuori esser-ci
Improbabili

Dettano nuovi
Vangeli

Mentre l’isolamento
Sputa in faccia

L’egoismo

Di uomini
Spietati e reciproci

Fermi nelle convinzioni.
Indifferenti di fronte

All’inadeguatezza.

La compassione
È troppo profonda

E cozza con l’utilitarismo.

Il dito puntato
È un sollievo:

Diventa arma
Nelle mani

Delle nuove divise
In borghese.

Le opinioni
– soldo bucato –

Ce le vomitiamo addosso,
Quando le intelligenze artificiali

Di algoritmo in algoritmo

Decidono le nostre voglie.

E non venite a elemosinarmi

Fede

Quando fate dello specchio
L’instagram delle vostre anime.

Non rimane che il sorriso
Del dinosauro

Di fronte all’ennesima meteorite.

È decomposizione.

L’annullarsi
Come ultimo residuo di fede

Di noi matricole.

E sorridere
Con le amebe

Il palliativo dell’esistenza.

Dove cazzo sei,
Sublime?