Inanna

Il cuculo folgorato

Alfine alla sera
il cuculo cantò –
stormì fino a lacerarsi
in foglie, le sue ali di luna
sbattevano – flap! flap! flap! –
ma fuori, lontano un macabro ronzio.

Locuste! Cavallette!
Che ci salvi il buon Dio! –

il cuculo stridé:

in piazza impazza un’orgia!
un ricco ciccione ignorante, re del
mondo! Dal fango, in melmaglia cogente
s’erge il principio della carne nel quid dell’Attimo
dello schiudersi in afflato – vergine, il pensiero s’inganna,
pendente in eterno alle soglie del niente! Servo impotente!
Per quel bruscolo, per quel briciolo d’eternità, voi Adami folli
in preda al richiamo di Sirena! – è qui la soglia, non la rimirate; stolti?
Qui – all’interno dell’eterno, dove un flusso vulvatico si contorce e s’irradia
in miliardi di frammenti di esseri/nei/mondi spruzzati in un effluvio di vite incoscienti,
vite che si moltiplicano e s’ingozzano di vana vanità per sopravvivere e morire e rinascere
dal marciume in fiore, carbone il diamante, l’amore – l’odore svampisce, e voce, mia voce, nonvoce –

(silenzio!)

Il cuculo morì,
addormentato.