amore

Riflessi Lunari

Ti amo nello sguardo della luna
bianco pallido, perlaceamente
incatenato alla bomba ad orologeria,
palla di cemento risucchiante.

Anche se poi si nascondono
nel fiotto della tua luce michelangiolesca
delle infiltrazioni violacee di violenta
euforia, gioiosa follia nei tuoi versi (respiri!).

La tua anima è uno specchio preciso –
così difficile imitare la natura –
ma tu ne incarni i più meravigliosi aspetti:

Ti prego, come prego ogni notte
perché il cielo esploda in mille stelle infuocate,
esisti per sempre, anima mia dolce,

immortale.

Ode a Te, Meraviglia

Preziosa e sincera
come i battiti del cuore,
come sorrisi di giocondi
bambini, fantini
in preda al galoppo
selvaggio.

Come perle di neve
nascoste nella rugiada
dei fiocchi che cascano
lenti, eterni.

Tra le crepe incastonate
nelle rughe delle montagne
traluce la forza della contorsione
dell’essere dall’anima tua minerale,
fluido pietrificato in corpo
magmatico racchiuso in membrana
epidermica.

Errando tra le minuscole molecole
delle tue cellule ricerco il nucleo
della decomposizione essente,
nelle interazioni tra protoni
ed elettroni mi fulmino
del tuo sguardo che ansima
silenziosamente elegante
sinuosamente sublime.

Nei ghirigori dei tuoi capelli
costruisco il sentiero del mio,
del nostro
futuro.

Fiore, Amore, Odore

È un rigagnolo di sudore
l’amore che scorre
tra le tue sinuose spoglie
odore ansimato svampisce
riverberi e singulti Amata
deificata nel marmo primordiale
come vita che esplode nella forma
delle rose ansiose ansiose…
il sublime tra le dita
odore ancora ansimare
erosione cristallizzante attimi
d’infinito sciabolate contorsioni
e fiori fiori i nostri cuori
e’l veleno respira all’amore
il Sole questo lento deperire
in Te dolce fiore
fiore e il veleno d’amore
s’arrampica nelle tue penombre
occhi infilzati e versi ancora
nel tuo odore svampire il fiore
è orgasmo esplosione d’odore
l’amore e s’annega nell’inferno
perché Arte escluse Dio
nella mela l’estro conficcato
Amore il peccato arde
la passione il motore
nella poesia l’appassire del fiore
l’odore sublime oscurare
e scatti nervi singulti

poesia della carne:

così Materia
non muore!

L’universo mi consigliò

I Mantra televisivi
inebetiscono chi ascolta,
ma la mia penna è sorda
e incide i ghirigori del Mandala
tra le cui increspature si scorge
ciò che a parole sfugge.

Inutile eclissare il punto focale:
il bimbo gioca con l’aria, le sue
mani tratteggiano i ricordi futuri.
L’adulto non ha più aria per giocare,
le sue rughe tradiscono il nulla
esistenziale.

Il Sole notturno dardeggia ferite
originarie, l’uomo è fatto per amare,
l’amore per soffrire e la felicità
per assuefare!
L’arte è brutta, è atroce, è menzognera.
I sogni pesano più delle ferite?

Da fanciullo giocavo ad auscultare
gli spiritelli che animavano
le mie sembianze.
Un giorno, corroborato dalla Musa
che s’era conficcata nel mio cuore,
mi tuffai tra i misteri dell’Etere

Non ebbi alcuna paura e terrorificamente
il buio cadenzava
i miei flebili respiri…
La testa balenò d’un brivido
che segnò indelebilmente
l’aritmia del mio cuore
di giullare!

La cicatrice non tradisce
i passati fasti ed il presente è manifestazione
della passione di cicuta
che accompagna l’estatico
sentimento immortale.

“Poeticamente muore
l’uomo su questa terra!”

Falena sacrificata all’Arte

il vento t’accarezzava
mentre morta ti lasciavi
trasportare,
era vano il mio ammirarti
vorticavi senza sosta,
così il sogno t’ha
riportato vita.
L’illusione ha
sapore di bellezza,
annegavo tra gli arcani,
i chiaroscuri della verità.
Ti ho fatta mia, come questo
corpo, involucro, guscio…
eri disperatamente
troppo stupenda
perché la carne ti capisse:
nella poesia della
morte si custodirà
il tuo inestimabile
frammento

_ Ora, qui: beata amata

Tralucono in Tv guerre sante
pedagogia della paura, homini sapiens
sapiens
ora carcasse australopiteche,
la culla dell’occidentale genialità lustra
le scarpe impomatate dei banchieri
che ormeggiano questo Leviatano odierno
arido e capitalista, risucchiante
nella spaventosa trachea gli ultimi bagliori,
le antiche intuizioni, gli sprazzi di genio
che resero gli uomini meno bestie, ma silente
vendicatrice si è destata la Sfinge
sibilante nelle anticamere delle percezioni
distratte, retrograde scintille fini a loro stesse
e i passati fasti si lasciano deteriorare
dal mutamento generale; ora le mani
è necessario ridestare, acuire il senso
sentire la devozione all’essere qui;
adesso possiamo ancora credere che un domani
sia più splendente, ma la crisi risuonerà
sempre a risollevare le geniali ceneri che dappertutto
germogliano in questo meraviglioso sublime
santo sepolcro continentale:

il bel paese, la cara mamma
il divino paradosso
del Vaticano mistero.

_ Nous

vuoti atmosferici
tra le grinze delle lenzuola
mentre t’osservo peregrinare
con le code degli occhi
tra le atmosfere svaporate
delle trame fumanti
del Morfeo
cullante.

Le tue dolci
forme ricalcano
l’arcobalenica nebulosa
sensazionista
delle infinite percezioni,
sempre puntuali,
sempre genuine.

Ed il vortice emozionale
che scaturisce dalla tua galassia
sublime ed imperfetta
cattura sciogliendo ogni mio fulgido
sguardo.

Vorrei poter sentire sempre
il vento accarezzare
i nostri sospiri rapiti:

è dolce il mondo con te,
e celato in noi si serba
il ribollire di ciò di cui siamo
allegoria!

Ti amerò fin lassù,
fino a che le nostre statue
verranno inghiottite dal materno
enigma,
e diverranno
immortali.

Gocce,
che misconoscono
il mai.

Lisbona

Ti amo e ti supplico,
vuoi essere la mia compagna
nella deriva?
E tuoni e tempeste
lungo il nostro incedere,
ma la vita è un soffio
e noi le vele.

Abbracciami e cullami,
il nostro segreto
è il nostro Dio.
Le statue fremono,
i cuori corrono
e le nostre anime
si fondono.

 

Tutto è nebbia,
amore mio,
ma il Sole nostro
d’evanescenza
è comandamento
d’una vita
Divina.

 

Ripugno

Il dolce grugno
delle tue rocce,
i tuoi lineamenti
così ben definiti,

pallidi
d’una luce- neon
che invade il il tuo corpo
sdraiato di fronte
ai milioni di sguardi delle foglie.

 
Il mio cuore puro
non può altro che
battere
dinanzi a te,
baciata dal dolce vapore
della nebbia.

Vaporoso come te,
scomparsa all’alzar
del Sole.
 

Solo
stante un’onda
che infinitamente
minaccia
di travolgermi,
sconvolgermi,
ammutolirmi.

 

Zitto sto,
scruto il Mondo apparente
e mi perdo dentro
al mio pozzo,
di malinconie.

Amore?

Il calore del corpo

così finto,

un vetro che riflette il vuoto

è tutto così straziante

che le parole si rivoltano

ai concetti.

Così come credi d’esser nel giusto,

la tempesta ti riporta sulla terra,

nudo e glabro

come un pulcino in balia del mondo.

Ma, quando tra le pupille

intravedi lo scrosciare delle cascate

e il sole sorgere

e i fiori sbocciare

e il vento cantare

e la fine come un sollievo

e la paura di zucchero

e lo specchio di te

e l’abbraccio materno

e una sberla chiarificatrice

e infinite ferite

e note affievolite

e una vita insieme…

Come posso rivedere quegli occhi

incontrastati in un altro viso?

…e se questo è amore,

sono spacciato.